Con l’avvicinarsi delle festa della donna vorremmo proporre una riflessione sulla complessità del ruolo femminile. L’articolo è tratto da un intervento, ancora attuale, fatto dalla coordinatrice de L’Arca, Roberta Baroni per l’Assemblea delle Associazioni Femminili-Commissione Regionale delle Pari Opportunità nel dicembre 2019.
Il Consorzio servizi per l’infanzia L’ARCA, il nostro Consorzio, è composto da tre Cooperative Sociali, Il Guscio, L’Arca e La Casetta, che si occupano della gestione di sette nidi e di una scuola per l’infanzia nella provincia di Trieste, luoghi frequentati quotidianamente da circa 350 famiglie. In queste sedi, nelle strutture operative del Consorzio (ufficio amministrativo e centro cottura) e del nostro ente di Formazione Archè lavorano circa 90 persone delle quali solo 2 sono uomini: un progettista e un manutentore.
Quindi possiamo dire di essere una realtà di imprenditoria femminile.
Questa organizzazione aziendale pensata, gestita e condotta da donne è una reale e concreta risposta a molte idee discriminatorie. Idee che sostengono che le donne nel mondo del lavoro contribuiscono di meno in termini di produttività perché possono creare problemi a causa delle multiple funzioni che ricoprono: professioniste, madri, mogli e figlie.
Lavoratrici con la costante necessità di conciliare l’attività professionale con le esigenze di cura e sostegno in ambito familiare, spesso ritrovandosi come uniche preposte ad occuparsi della casa, dei figli e dei genitori anziani, in quanto la disparità di genere riguarda anche la condivisione dei carichi familiari e la ripartizione del lavoro domestico.
A tale proposito, come donne impegnate in quest’ambito, abbiamo partecipato recentemente alla giornata promossa dalle Donne della Cooperazione di Confcooperative intitolata “Innovazione è cooperazione al femminile” svoltasi a Udine.
Nel corso dell’incontro sono stati affrontati e dibattuti i presupposti dell’innovazione: essi passano inevitabilmente attraverso il rispetto, la cura e il benessere dei lavoratori e delle lavoratrici, che fidelizzati operano in maniera più produttiva, partecipativa e creativa ai processi aziendali. La condizione determinante è generata da ambienti di lavoro nei quali le persone sono “felici e gratificate di fare” e il loro operato è riconosciuto e premiato.
I dati fornitici hanno inoltre rilevato che all’interno del sistema di cooperazione la componente femminile è predominante. Soprattutto in certi settori del welfare (eccoci qua!) che riguardano i servizi socioassistenziali e educativi.
Ma, benché più del 47% dei soci delle cooperative del Friuli-Venezia Giulia sia donna, la presenza femminile è sottorappresentata quando si sale la scala gerarchica delle imprese.
Quindi dobbiamo convenire che nell’ambito della cooperazione ci sono molte donne guidate, in prevalenza, da pochi uomini.
Donne che dimostrano elevate competenze, requisiti, creatività, spirito di collaborazione, adattabilità, donne definite “multitasking”, che non accedono però a ruoli apicali e di rappresentanza.
Sarà solo responsabilità dei colleghi uomini se ciò accade?
Forse…
La leadership viene preferibilmente affidata ad un uomo (più determinato, meno impegnato nel disbrigo di faccende familiari, ecc.) perché non ci sono tante donne idonee a ricoprire ruoli dirigenziali o perché spesso sono proprio le donne a fare un passo indietro?
Già perché alle donne viene spesso chiesto di scegliere.
Scegliere tra famiglia e carriera, tra figli e lavoro a tempo pieno, anzi spesso non occorre nemmeno chiederglielo, lo decidono autonomamente. Rinunciano perché i servizi non riescono a sostenere il loro triplice- quadruplice ruolo, perché i sensi di colpa le attanagliano, perché il loro modello sono le madri che si sacrificano sempre e comunque o le figure maschili intorno non sostengono e non condividono gli oneri familiari.
Donne che si autolimitano e acconsentono a mettersi da parte soprattutto perché non sorrette, più che dalle figure maschili esterne, dalla loro parte maschile interiore, quella dell’energia, del coraggio, dell’intraprendenza, dell’iniziativa.
Ciascuno di noi è composto da parti maschili e femminili, che talvolta si equilibrano e talvolta si soverchiano e le dinamiche interne individuali sono determinate dagli aspetti culturali nei quali la persona e la famiglia sono immersi.
Ognuno per come è e ogni famiglia per come si fonde al suo interno.
Parlando con amiche e conoscenti scopriamo spesso che tante donne si sono sentite dire da piccole dal proprio padre: “ah, se non fossi stata una femmina …se invece avessi avuto un figlio maschio saremmo andati a pesca…” e altrettanto spesso ci interroghiamo su se e su quanto quelle frasi e quei pensieri e quegli atteggiamenti e quelle visioni, possano aver influito su delle personalità in divenire. Sarebbe stato diverso sentirsi dire almeno “benché tu sia una femmina…”
Nel percorso della formazione della personalità i genitori hanno il compito fondamentale di creare un clima psicoaffettivo che favorisca una crescita armonica delle varie dimensioni della personalità e delle identità sessuale. Il padre nel rapporto con la figlia ha il compito di convalidare costantemente, con il suo comportamento e le sue parole, l’importanza dell’identità sessuale femminile attraverso la valorizzazione delle donne presenti in famiglia, sia degli aspetti che riguardano la loro bellezza e la loro gentilezza, sia degli aspetti che riguardano la loro forza e la loro determinazione.
In questa funzione i padri hanno grandi responsabilità!
Non venir riconosciute e supportate nelle loro competenze e potenzialità da un genitore reale (e da quello interno), da un uomo in carne e ossa (che rispecchia la propria parte maschile) ha tolto a molte donne la determinazione, la solidità, la capacità di pensare di riuscire, la forza e la possibilità di farsi carico anche in termini di assunzione di ruoli dirigenziali (anche se molto spesso le mansioni sono svolte comunque ma senza il riconoscimento del ruolo).
I concetti emersi nel corso dell’incontro sopra citato mi hanno fatto riflettere a lungo e la mia visione lavorativa si è poi allargata al contesto sociale.
Noi de L’Arca lavoriamo in ambito educativo. Non è una cosa da poco. Non è un privilegio di tutti.
Siamo a stretto contatto con mamme e papà di bambini e bambine ancora molto piccoli. Se noi riuscissimo a far comprendere ai genitori la portata del loro intervento educativo e far loro intravedere in prospettiva quanto il modello che propongono peserà sul ruolo di uomini e donne che i figli e le figlie avranno, forse saremmo a buon punto.
E noi, donne, per prime dovremmo fare un passo “verso” e includere maggiormente le figure paterne nella crescita dei figli. Dovremmo sostenere il loro ruolo, favorire la partecipazione dei padri nell’educazione delle figlie (e naturalmente dei figli) e promuoverli come artefici della loro conferma di persone uniche e complete.
Il ruolo che svolgono i papà nella vita delle figlie femmine è prezioso e importante quanto quello per i figli maschi.
In una dimensione spesso legata prevalentemente alla funzione materna che aiuta, cura, educa ed è modello di identificazione, il padre può lasciare impronte emotive ed insegnamenti cruciali per lo sviluppo armonioso del futuro delle bambine. Il suo appoggio e la sua presenza potrà essere nutrimento per una buona autostima e fiducia in se stesse, per crescere con un’idea sana e non remissiva di sé, per aumentare la consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo nel mondo, per diventare consce della propria libertà e autodeterminazione.
In quest’ottica in futuro potremmo incontrare più donne strutturate, energiche, intraprendenti, coraggiose e sicuramente uomini più affettivi, attenti, che sappiano distinguere l’aggressività e la forza dei muscoli dalla determinazione e dalla forza interiore.
Capaci di ricercare relazioni sane nei vari ambiti amicali, amorosi, lavorativi.
E proprio in quest’ultimo, le pari opportunità di impiego e di realizzazione delle aspirazioni personali non si otterranno solo attraverso la garanzia dell’applicazione delle quote rosa (che intanto fanno partire questi pensieri) ma risvegliando la consapevolezza di tutti, uomini e donne insieme. Il valore e il merito, la capacità e la competenza contano, sono questi i principi e i requisiti che fanno di un uomo e di una donna un buon lavoratore e un buon cittadino.
E nello stesso tempo, i lavoratori e le lavoratrici, i cittadini e le cittadine con solide parti maschili e femminili interiorizzate in maniera integrata, saranno padri e madri che potranno occuparsi della famiglia e dei figli con pari dedizione e soddisfazione.
Noi del Consorzio L’Arca siamo a stretto contatto con bambini 0-6 anni e le loro famiglie. Abbiamo un privilegio e una responsabilità.
Continuiamo a lavorare nelle nostre strutture educative a fianco dei bambini e dei loro genitori impegnandoci a sensibilizzare e a supportare le figure parentali riguardo queste tematiche, nella prospettiva di veder crescere persone con pari potenziale affettivo e pari potenziale affermativo, perché i due aspetti non si ostacolano ma si completano in ciascuno di noi e si fondono nelle relazioni che intrecciamo.